La dichiarazione del ricorrente di avere interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto è condizione necessaria e sufficiente ai soli fini risarcitori
Con sentenza del 7 luglio 2022, n. 8, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito la corretta portata applicativa dell’art. 34, comma 3, del c.p.a., il quale stabilisce che “quando nel corso del giudizio l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.
La rimessione della questione all’Adunanza Plenaria trae origine da alcuni giudizi instaurati da proprietari terreni, aventi ad oggetto atti di pianificazione urbanistica che hanno svuotato la capacità edificatoria dei loro fondi.
Tuttavia, in pendenza del giudizio di primo grado, a seguito di una nuova disciplina urbanistica sopravvenuta, è venuto meno l’interesse sostanziale dei ricorrenti all’annullamento degli atti originariamente impugnati.
Cionondimeno, i ricorrenti hanno manifestato il loro interesse ad ottenere la declaratoria di illegittimità di tutti gli atti impugnati ai soli fini risarcitori.
Da qui, la rimessione dei quesiti al Supremo Collegio, volti a chiarire se, al fine di ottenere l’accertamento dell’illegittimità dell’atto, è sufficiente un’istanza generica, ovvero se occorrano particolari modalità e se vi sono termini per la sua proposizione, ovvero se è ulteriormente necessario proporre la domanda di risarcimento del danno nel medesimo giudizio di annullamento o in un autonomo giudizio.
In subordine, si richiede di chiarire se il Giudice, difronte alla domanda di accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato, possa comunque pronunciarsi su una questione assorbente e dunque su ogni profilo costitutivo della fattispecie risarcitoria.
Prima di fornire la corretta interpretazione dell’art. 34, comma 3, del c.p.a., ed enunciare i principi di diritto, il Supremo Collegio ha innanzitutto richiamato i due orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto, di cui il primo e più risalente, secondo il quale, al fine di ottenere la tutela risarcitoria, è sufficiente la sola deduzione dell’interessato di voler proporre in un futuro giudizio la domanda risarcitoria. Il secondo e più recente afferma, invece, che occorre che l’interessato alleghi i presupposti della successiva domanda risarcitoria.
Tra i due, viene poi richiamato un terzo sotto-orientamento, secondo il quale va comprovato, sulla base di elementi concreti, il danno ingiustamente subito.
L’Adunanza Plenaria, nella pronuncia in commento, ha aderito al primo orientamento, secondo cui, al fine di ottenere tutela risarcitoria, è sufficiente la mera dichiarazione del ricorrente di avere interesse, dichiarazione da presentare nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 del c.p.a., senza dover dunque specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione.
Ciò in quanto, una volta dichiarato l’interesse ai fini risarcitori, tale condizione è necessaria ma al contempo sufficiente a far sorgere l’obbligo per il giudice di accertare l’eventuale illegittimità dell’atto impugnato, ponendosi la dichiarazione quale antecedente logico-giuridico dell’azione risarcitoria.
Dal punto di vista processuale, il fenomeno viene inquadrato come una “emendatio” della domanda, in senso meramente riduttivo di una domanda già proposta, qual è la domanda di annullamento, tale da non incorrere in un mutamento che non sarebbe consentito dal principio della domanda.
Al contempo, così inquadrando la fattispecie, si evince la persistenza di un’utilità che può vantare il ricorrente, al fine di ottenere un ristoro dei danni eventualmente subiti.
Interessante è altresì notare la funzione deflattiva che viene attribuita dal Collegio all’accertamento di cui all’art. 34, comma 3, c.p.a., in quanto, da un lato, risponde alle esigenze del ricorrente di conoscere anticipatamente se è fondato il presupposto principale della domanda risarcitoria, dall’altro, consente all’amministrazione di conoscere anticipatamente se il provvedimento sia o meno illegittimo, ed assumere eventualmente le opportune iniziative.
Infine, una volta accertato se l’atto impugnato sia illegittimo o meno, al Giudice è precluso pronunciarsi su una questione assorbente della fattispecie risarcitoria, che potrà essere oggetto di una eventuale successiva domanda.