Il Consiglio di Stato si pronuncia in tema di mancata stipula del contratto per sopravvenuta carenza della copertura finanziaria ed afferma l’“inestricabilità” dei principi del risultato e della fiducia.

Consiglio di Stato, sez. V, 13 settembre 2024, n. 7571

In seguito all’affidamento di lavori volti alla riqualificazione degli immobili di proprietà dell’ATER Roma, l’Appaltatore ha impugnato dinanzi al TAR Lazio la revoca dell’aggiudicazione da parte della Stazione Appaltante conseguente alla comunicazione del ricorrente di “non voler più stipulare i contratti afferenti a tutti i lotti di gara, considerata ‘la mancata sussistenza delle condizioni di tipo contrattuale-finanziario e tecnico per poter procedere alla sottoscrizione e relativa esecuzione delle attività’. A seguito del rigetto del ricorso da parte del Giudice di prime cure, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello riconoscendo il diritto dell’Appaltatore di sciogliersi dal rapporto contrattuale in questione.

In particolare, il Consiglio di Stato ha rilevato che il mancato raggiungimento di una soluzione concordata volta all’individuazione degli interventi eseguibili nei termini di legge per poter usufruire del superbonus – che nel caso di specie costituiva l’unica forma di corrispettivo per l’Appaltatore – avrebbe potuto comportare la revoca dell’aggiudicazione per il venir meno della copertura finanziaria, ma non per responsabilità dell’aggiudicatario come avvenuto nella fattispecie.

Il Collegio ha rilevato che la condotta della Stazione Appaltante di chiusura all’individuazione di una soluzione condivisa fosse contraria ai principi del risultato e della fiducia.

Tali principi – sebbene codificati dal D.Lgs. 36/2023, non applicabile ratione temporis alla fattispecie – erano da considerarsi già immanenti nel sistema o comunque fondamentali coordinate da utilizzare in chiave interpretativa in relazione a fattispecie regolate dal previgente codice.

In primo luogo, il Consiglio di Stato rileva che il principio del risultato è “considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale”. Nello specifico, l’obiettivo finale si traduce “nella fase di affidamento [in quello di] giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto”.

In secondo luogo, il Collegio evidenzia che il principio della fiducia “non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento (Tar Campania Napoli, sez. V, 6 maggio 2024, n. 2959).

I Giudici di Palazzo Spada, infine, sottolineano che i principi del risultato e della fiducia “sono avvinti inestricabilmente”, atteso che “la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo”.

In allegato il testo della sentenza.

Dott. Francesco Castracane degli Antelminelli